Divieto di licenziamento, i nuovi paletti posti dal Decreto Agosto
Il recente Decreto Agosto è stato approvato dal parlamento con alcune modifiche. Ci vogliamo concentrare brevemente sulla norma che copre il divieto di licenziamento così come approvata dalla Camera dei Deputati. Sostenere infatti che il divieto di licenziamento è stato semplicemente prorogato è – per usare un eufemismo – riduttivo dal momento che ci sono parecchie condizioni che permettono comunque al datore di lavoro di aprire una procedura di licenziamento. Vediamo quali.
Stipulazione di un contratto collettivo aziendale
Costituisce una delle poche eccezioni alla prassi secondo cui gli accordi collettivi periferici non possono derogare in pejus i contratti collettivi nazionali la norma secondo cui i lavoratori – rappresentati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale – ed il datore di lavoro possono stipulare un accordo collettivo aziendale che incentivi la risoluzione dei rapporti di lavoro.
Cessazione definitiva o fallimento dell’attività dell’impresa
Un’altra eccezione prevista al divieto di licenziamento è quella che lo ammette nel caso in cui l’impresa presso cui svolge la propria attività lavorativa il dipendente avvii la procedura di cessazione definitiva o di fallimento della propria attività.
Fruizione totale delle settimane di cassa integrazione
Infine sono esonerati dal blocco dei licenziamenti tutti i datori di lavoro che abbiano fruito integralmente delle 18 nuove settimane di cassa integrazione messe a disposizione dal 13 luglio al 31 dicembre, ovvero che abbiano utilizzato il nuovo esonero dal versamento dei contributi previdenziali alternativo ai trattamenti di integrazione salariale.
Se il datore di lavoro ignora il blocco
Nel caso in cui un datore di lavoro pur non potendo avvia una procedura di licenziamento collettivo o per giustificato motivo oggettivo, spetta ad un giudice accertare in via definitiva la legittimità del provvedimento. Nel frattempo al datore di lavoro è data la possibilità di revocare il recesso del rapporto di lavoro.
Nel caso in cui il datore di lavoro non revochi il licenziamento il recesso è da considerarsi nullo. Bisogna sottolineare anche il fatto che il lavoratore, nonostante la procedura venga considerata nulla dall’INPS, ha la facoltà di godere del sussidio di disoccupazione (NASpI), sempre con riserva di ripetizione. Questo significa che se il lavoratore, a termine di un contenzioso, vede reintegrarsi le mensilità perse a causa del licenziamento effettuato in violazione di una norma di legge, l’INPS procederà al recupero di quanto erogato al lavoratore.
Il divieto di licenziamento: un bene o un male per il nostro sistema economico?
Dovendo esprimere una valutazione sul blocco dei licenziamenti imposto dall’esecutivo e approvato dalle camere, non si può che ragionare in termini di convenienza politica di tale misura. Indubbiamente il divieto dei licenziamenti ha un effetto di tenuta sociale sulle masse lavoratrici più soggette al rischio di essere colpite da un recesso del rapporto di lavoro.
Tuttavia appare ragionevole ritenere eccessiva l’estensione di quella che dovrebbe essere una misura straordinaria per un periodo di tempo così lungo. Inoltre è doveroso ricordare che se da un lato il divieto dei licenziamenti ottiene l’effetto di tamponare l’emergenza occupazionale, dall’altro bisogna tener conto del danno che tale provvedimento apporta al sistema economico in generale, andando a penalizzare proprio quei lavoratori che dovrebbe tutelare.
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